Quod est veritas? Che cosa è la verità? Con queste parole, riportate dai Vangeli, un incredulo Ponzio Pilato sintetizzava con rara efficacia la difficile ricerca della sfuggente Verità. Oggi, come allora, il confine tra verità e menzogna è una membrana quanto mai porosa in cui l’informazione si mescola con la disinformazione ed è sempre più difficile distinguere i fatti dalla pula pervasiva ed indefinibile delle mezze verità, delle incognite indecifrabili, delle falsità. La stessa Internet, salutata da molti come la democratizzazione dell’informazione, viene invece oggi criticata come il mezzo perfetto per la diffusione massiccia ed immediata di teorie cospiratorie, pseudo–complotti dalle più fantasiose idee senza alcun fondamento scientifico o storico. Prima ancora dell’avvento della noosfera informatica studiosi della comunicazione avevano già ipotizzato la diffusione di notizie tramite il semplice passa parola di cui i moderni social network sono soltanto una versione più rapida e potente. Il famoso semiologo Sebeok era giunto alla sorprendente conclusione che l’unico sistema per mantenere vivo nel tempo il ricordo della posizione e del pericolo di un giacimento di scorie radioattive, fosse quella di istituire una sorta di “casta sacerdotale” con il compito di custodire e tramandare oralmente la pericolosità del materiale seppellito. La stessa “congregazione” di custodi di scorie nucleari avrebbe poi diffuso deliberatamente racconti e leggende sul luogo “maledetto” contribuendo fattivamente ad allontanare eventuali curiosi. Il tempo avrebbe forse cancellato il ricordo del perché quel luogo dovesse essere tanto temuto, ma la paura e la distorsione delle informazioni non avrebbero reso meno efficace l’allontanamento dai materiali così a lungo radioattivi. Se infatti il tempo di dimezzamento medio di alcuni radio–isotopi è di circa 10 000 anni, potremmo arrivare a pensare che la disinformazione e l’inganno perpetrati abbiano un fine quanto mai utile. Lo stesso antropologo Brunvard, colui che per primo ha raccolto e studiato il fenomeno delle leggende contemporanee, in The Truth Never Stands in the Way of a Good Story (2000) sottolinea come l’ipotesi di Sebeok colga perfettamente l’essenza del funzionamento delle cosiddette “leggende metropolitane”. Ci troviamo tuttavia dinnanzi a fenomeni “naturali”, nati dalla semplice comunicazione umana e non appositamente diffusi con uno scopo. È allora lecito domandarsi: cosa accadrebbe se qualcuno organizzasse invece una campagna tesa alla diffusione di informazioni false per screditare qualcuno o qualcosa o addirittura un’intera area politica/culturale? E soprattutto è mai successo? Esistono prove storiche di reali complotti tesi ad “inoculare” il virus della disinformazione per screditare magari un blocco politico?
Dall’Ochrana all’operazione “Infektion”
La diffusione di notizie, informazioni e racconti attraverso il passaparola o la diffusione di pamphlet a tesi è stato da sempre uno degli espedienti più utilizzati per la propagazione di preconcetti, idee distorte con preciso scopo politico o sociale. È sufficiente osservare quanto la ricerca storica abbia scoperto riguardo il falso/plagio dei “Protocolli dei Savi Anziani di Sion” per avvalorare la tesi secondo la quale le assurde affermazioni del libro, credute come vere, siano state una delle concause che hanno spinto o comunque creato il pretesto che ha condotto fino al terribile fenomeno della Shoah. La ricostruzione storica ha dimostrato il ruolo fondamentale che ha giocato l’Ochrana, la polizia segreta della Russia zarista, nel pilotaggio della creazione di questo falso storico. Esiste quindi un precedente storico che dimostra la predisposizione all’uso di quelle che vengono definite oggi come “misure attive”, termine che può essere tradotto in maniera molto più semplice come “disinformazione”.
Ci troviamo dinanzi alle prove di un complotto per la propaganda di uno “pseudo-complotto” attribuito falsamente ad uno “pseudo-complotto”: un perverso gioco di parole che riesce a malapena a delineare il gioco sottile di rimandi, falsità e disinformazione oramai quasi impossibili da dipanare.
La ricerca storica nel periodo della guerra fredda ha mostrato prove inequivocabili dell’esistenza di una vera e propria campagna di disinformazione tesa a screditare gli Stati Uniti d’America. La diffusione, come una vera e propria inoculazione di un virus, di una falsa notizia riguardante l’AIDS è partita il 17 luglio del 1983 dalle pagine del giornale di New Delhi (India), Patriot. L’articolo dal titolo “AIDS may invade India: Mystery disease caused by US experiments” riportava una presunta lettera anonima di un «well–known American scientist and anthropologist» il quale dichiarava che la diffusione nella città di New York dell’AIDS è ed era dovuta alla sviluppo di un virus appositamente creato dal Pentagono come nuova e pericolosa arma biologica.
1 – USA, 1987: operatore del “Centers for Disease Control” (CDC), organismo di controllo sulla sanità pubblica degli USA, maneggia agenti biologici in un laboratorio virologico di massimo contenimento.
Si tratta ovviamente di un’affermazione del tutto falsa, studi accreditati su riviste peer–review spiegano infatti che questo terribile virus è il risultato di una zoonosi partita dalle scimmie e poi diffusasi attraverso diversi “spillover” in Africa. Un attenta analisi dell’articolo sul Patriot evidenzia tuttavia come il tutto sia una “misura attiva” creata dal KGB. Il testo, infatti, ha numerose forme linguistiche che tradiscono come la lettera non sia stata scritta da persone di madre lingua, ma, con molta probabilità, appositamente tradotta. Inoltre è assodato, attraverso la testimonianza in un processo tenutosi a Londra dell’ex spia russa Ilya Dzhirkvelov, che il Patriot era un giornale in qualche modo finanziato ed utilizzato per altre campagne di questo tipo:
Los Angeles Times, 9 agosto 1987
2 – Piazza Dzerzhinsky (oggi Lubyanka) a Mosca, dove si trovava il quartier generale del KGB: se la diffusione del virus dell’HIV ha avuto inizio in Africa, quella della disinformazione ha avuto inizio probabilmente qui.
La pubblicazione sul Patriot non ebbe un grande seguito ma creò comunque un importantissimo precedente che fu più volte invocato. Un documento ufficiale del Dipartimento di Stato Americano di quegli anni (“Soviet Influence Activities: A Report on Active Measures and Propaganda, 1986–87” agosto 1987 ), pur riportando il titolo ed il nome della testata, non fa riferimento ad una data corretta di pubblicazione nè al numero di pubblicazione del giornale. Tutto questo dimostra come il governo americano non fu in grado all’epoca di reperire una copia del giornale pur essendo sicuro della sua pubblicazione. Il famoso “Dossier Mitrokhin”[2] riassume efficacemente in un paragrafo la vicenda aggiungendo ulteriori dettagli:
C. Andrew, Vasilij Mitrokhin The Mitrokhin Archive II: The KGB and the World (2005)
L’inizio della diffusione su grande scala può comunque avere come punto di riferimento l’articolo del settimanale sovietico Literaturnaya Gazeta del 30 Ottobre 1985 (sopra) che riporta “letteralmente” quanto stampato sul Patriot. Questa pubblicazione può essere ritenuta a tutti gli effetti il “paziente zero” di un’epidemia mediatica che ha coinvolto tutto il mondo e ha consolidato un vero e proprio mito–leggenda ancora oggi difficile da debellare. Il culmine della campagna di disinformazione si ebbe comunque con la pubblicazione di una vignetta sul quotidiano Pravda (Правда) il 31 ottobre 1986. Nel disegno era raffigurato un “medico” che consegna, dietro pagamento in dollari, la fiala di un virus ad un militare (da notare che il virus ha la forma di piccole svastiche!), mentre a terra è possibile vedere numerosi piedi distesi a simboleggiare le vittime di questo terribile retro–virus. Dopo il mutato periodo politico e l’avvento della Glasnost’ si ebbe un parziale arresto della campagna di disinformazione: la falsa notizia, come sappiamo, fu «ufficialmente ripudiata».
Christopher Andrew e Vasilij Mitrokhin, The Sword and the Shield (1999), pag. 244–245.
5 – Fort Detrick, Maryland: edificio del U.S. Army Medical Research Institute of Infectious Diseases (USAMRIID). Qui, secondo il mito, sarebbe stato “fabbricato” il virus dell’HIV.
La ricerca storica contemporanea si sta ora focalizzando sulla figura di Jakob Segal e sul ruolo giocato dalla STASI come propagatrice della campagna di disinformazione ideata dal KGB. Se è infatti ormai assodato l’origine e lo scopo iniziale dell’operazione “Infektion” creata dal KGB, non altrettanto possiamo dire della STASI, la polizia segreta dell’ex-DDR e se abbia o meno fatto parte del presunto “pseudo complotto”. Ci troviamo infatti dinanzi alle prove di un complotto per la propaganda di uno “pseudo-complotto” attribuito falsamente ad uno “pseudo-complotto”: un perverso gioco di parole che riesce a malapena a delineare il gioco sottile di rimandi, falsità e disinformazione oramai quasi impossibili da dipanare.
Il Prof. Dr. Erhard Geissler, in un suo articolo su Pubmed dal titolo “Disinformation squared: was the HIV-from-Fort-Detrick myth a Stasi success?”,[5] parla di “disinformazione al quadrato”. Il leggendario Markus Wolf[6] in un suo articolo, scritto in occasione di un dibattito sulla simulatio a Milano, descrive nel dettaglio l’operato della divisone “provvedimenti attivi” che aveva lo specifico compito, come abbiamo visto, di diffondere attraverso radio e giornali notizie false. Tale operato serviva a screditare pubblicamente il blocco occidentale con evidenti vantaggi politici sul piano internazionale. Questo era proprio quello che si voleva fare tramite l’assurda notizia dell’AIDS come arma di distruzione di massa; quello che più colpiva era che personaggi famosi come il biologo Jakob Segal erano stati manipolati insieme a scrittori ed intellettuali proprio per contribuire ingenuamente alla diffusione della notizia.
6 – Berlino, 1989: Markus Wolf in Alexanderplatz. All’epoca era vicedirettore del Ministero per la Sicurezza di Stato della Germania Est (Bundesarchiv).
Nel libro L’uomo senza volto di Wolf (ed. Rizzoli, 1997) viene raccontato come veniva creata una “misura attiva” e si resta veramente sconcertati di come i mezzi di comunicazione siano così vulnerabili a contaminazioni esterne tese a screditare un blocco politico. Ecco dunque, per esempio, un breve estratto del citato articolo di Wolf:
Un esempio particolarmente significativo di come alcune menti di proposito si rendano indipendenti e di come i maestri della disinformazione non riescano più a distinguere l’invenzione dalla realtà è il caso della pubblicazione circa la provenienza del virus dell’AIDS. Più o meno quando il mio congedo dal servizio era imminente, nell’autunno del 1986, la divisione per i “provvedimenti attivi” ricevette dal suo partner del servizio informazione sovietico del materiale con l’indicazione di contribuire alla sua diffusione in Occidente. Diceva che il virus HIV era stato coltivato in un laboratorio segreto di tecnologia genetica negli Stati Uniti e il suo effetto sperimentato su alcuni detenuti, dapprima era stato trasmesso all’esterno e poi nel resto del mondo. Quasi contemporaneamente a questo consiglio proveniente da Mosca il famoso biologo Jakob Segal con sua moglie, l’immunologa Lilly Segal pubblicava un lavoro su “AIDS: natura e origini”, in cui venivano provate le stesse affermazioni suffragate nei dettagli da numerosi argomenti scientifici. Bastò un’intervista dello scrittore Stefan Heym, residente a Berlino Est e considerato spesso e volentieri come dissidente in Occidente, con il professor Segal su un giornale di Berlino Ovest e tali argomentazioni trovarono la strada verso il pubblico. La reazione sia tra gli scienziati che tra i lettori fu violenta. L’ambasciatore americano a Berlino si vide costretto a scrivere una lettera di protesta. Gli argomenti dei Segal, in sostanza, facevano emergere il fatto che il virus HIV non poteva assolutamente provenire dall’Africa tanto meno attraverso i morsi dei cercopitechi, bensì attraverso la manipolazione genetica di un laboratorio P-4 in un edificio 550 rigorosamente schermato a Fort Detrick nello stato del Maryland. L’argomentazione sembrava essere convincente anche se alcuni retrovirologi contestarono immediatamente la possibilità della combinazione dell’HIV, secondo il campione presentato da Segal, e la forza probatoria della sua catena indiziaria. Io, come la maggior parte dell’opinione pubblica, diedi per scontata la probabilità di questa tesi. Perché gli Stati Uniti avrebbero dovuto comportarsi nella ricerca delle armi biologiche diversamente da come si comportarono negli esperimenti dimostratisi radioattivi che furono condotti per trent’anni su circa 700 uomini, tra i senza tetto, i detenuti “volontari”, i pazzi? Intanto pare che la catena indiziaria dei Segal fosse stata fatta saltare e che un alto ufficiale del KGB abbia rivendicato il diritto sulla paternità spirituale dì questo provvedimento attivo. Rimase oscuro anche a me e lo è tuttora, chi in questo caso ingannò deliberatamente e chi si fece ingannare. L’Occidente non risultò colpevole di tali inganni.
Il Venerdì di Repubblica, tratto da un articolo di KOS nº 151, pp. 44–45, 47, 49.
Come possiamo valutare quanto riportato da Markus Wolf? Ci fu da parte della STASI un aiuto alle teorie del biologo Jakob Segal? Fu manipolato o semplicemente lasciato libero di perpetuare le sue pseudo–teorie? I dati storici sono in questo caso contrastanti e non possono fornirci un quadro chiaro della situazione. Jakob Segal (con sua moglie Lilli) fu l’unico biologo della DDR a sostenere, fino alla sua morte a Berlino, la teoria della creazione dell’AIDS in USA arrivando a teorizzare l’incrocio di due virus come il VISNA e l’HTVL I. Intervistato dichiarò di non aver mai collaborato con la STASI in nessun modo. Tuttavia due ex spie della STASI nel loro libro Auftrag Irreführung. Wie die Stasi Politik im Westen machte (Carlsen Verlag, Hamburg 1992) lo accusarono di essere uno dei primi “propagatori” della leggenda. I documenti ritrovati descrivono però un diverso scenario: più volte Segal tentò di far accreditare la propria teoria che non trovò comunque un riscontro politico.
7 – Nuovi casi e decessi da AIDS negli USA tra il 1980 e il 2014: dati da Centers for Disease Control and Prevention (CDC), “HIV Surveilabnce Report”, vol. 13-24.
Questa che potrebbe sembrare una semplice guerra di informazioni senza alcuna rilevanza sulla salute pubblica ha avuto invece numerose e gravi ripercussioni sulla realtà. Uno studio dal titolo “Are HIV/AIDS Conspiracy Beliefs a Barrier to HIV Prevention Among African Americans?” ha dimostrato come la diffusione della falsa notizia, riguardo la creazione in laboratorio del virus dell’AIDS, abbia spinto incredibilmente buona parte della popolazione afro–americana a non usufruire di misure di prevenzione o a non diminuire comportamenti a rischio di contagio. Inoltre secondo lo studio “Conspiracy Beliefs About the Origin of HIV/AIDS in Four Racial/Ethnic Groups”, statistiche su ben quattro gruppi etnici riportano una alta diffusione di teorie cospiratorie riguardo all’uso del AIDS come arma per un ipotetico “genocidio” razziale. Numerosi “negazionisti” dell’HIV–AIDS usano ancora oggi derivazioni dell’originale erronea informazione per propugnare le più disparate e pseudoscientifiche teorie. È necessario quindi comprendere quali siano i meccanismi che hanno reso possibile la propagazione di tale disinformazione per tentare di arginare il suo diffondersi. Quello che per ora può essere ritenuto l’unico incredibile risultato che supera lo spazio ed il tempo è, come riporta nel suo saggio Thomas Boghart, che: «(L’) intelligence del blocco sovietico ha creato un mostro che è sopravvissuto ai suoi stessi creatori.[7]» ∎
- [1]L’articolo è del 1987.↩
- [2]Col nome di archivio (o dossier) Mitrokhin ci si riferisce ai materiali che l’ex funzionario del KGB, Vasilij Nikitič Mitrochin raccolse durante la sua attività e poi divulgò in tre volumi.↩
- [3]Il 4 luglio, giorno dell’Indipendenza degli Stati Uniti. In realtà, però, si riferisce probabilmente al sopraccitato articolo del 9 agosto. ↩
- [4]Servizio A: sezione del KGB responsabile della pianificazione e dell’implementazione di misure attive di intelligence.↩
- [5]Geißler, Dr. Erhard, RH Sprinkle: Pubmed, Autunno 2013 (op. cit. )↩
- [6]Markus Johannes Wolf (1923 – 2006), è stato un agente segreto delle repubblica democratica tedesca, vicedirettore del Ministero per la Sicurezza di Stato dal 1954 al 1989 nonché fondatore e direttore, per lo stesso organismo, dell’Hauptverwaltung Aufklärung o HVA, organismo deputato a coordinare le attività di spionaggio e di intelligence al di fuori del Paese.↩
- [7]Da Studies in Intelligence, Dic. 2009 (op. cit.)↩
Bibliografia e fonti
- Labanti, Roberto “Di spie, di cospirazioni e di epidemie” CICAP, 28-11-2014. Web
- Gillette, Robert “AIDS: A GLOBAL ASSESSMENT: Soviets Suggest Experiment Leaks in U.S. Created the AIDS Epidemic” Los Angeles Times, 9 agosto 1987.
- Mitrokin, Vasilij, C. Andrew The Mitrokhin Archive II: The KGB and the World Penguin, 2005.
- Mitrokin, Vasilij, C. Andrew The Sword and the Shield Basic Books, 1999. Pag. 244–245.
- “AIDS as a biological weapon” IIP Digital. U.S. Department of State, 14 gennaio 2015.
- Geissler, Dr. Erhard “Qudratdesinformation selbst durch die BStU“
- Geissler, Dr. Erhard, RH Sprinkle “Qudratdesinformation selbst durch die BStU“ Pubmed, Autunno 2013.
- Boghardt, Thomas. 2009. “Operation INFEKTION: Soviet Block Intelligence and Its AIDS Disinformation Campaign.” in Studies in Intelligence – Journal of the American Intelligence Professional (CIA), Dicembre 2009 Vol.53 nº 4, pp. 1–24. CIA.
- Selvage, Douglas, Christopher Nehring Die AIDS-Verschwörung. BStU, 2014. ISBN 978-3-942130-76-9
- Geissler, Dr. Erhard “The AIDS Myth at 30” International Journal of Virology and AIDS, 3 marzo 2016.
- “Soviet Influence Activities: A Report on Active Measures and Propaganda, 1986 – 87” United States Department of State, agosto 1987.
- Bogart, Laura M., PhD, Sheryl Thorburn, PhD “Are HIV/AIDS Conspiracy Beliefs a Barrier to HIV Prevention Among African Americans?” JAIDS Journal of Acquired Immune Deficiency Syndromes, Vol 38 nº2, 1 febbraio 2005.
- Ross, Michael W, E. James Essien, Isabel Torres. “Conspiracy Beliefs about the Origin of HIV/AIDS in Four Racial/Ethnic Groups” JAIDS Journal of Acquired Immune Deficiency Syndromes, Vol 41 nº3, marzo 2008. Pag 342–344. (in NCBI).
Ringraziamenti
Un grazie speciale va alla Dott.ssa Graziella Morace che ha corretto le prime bozze di questo articolo ed a Roberto Labanti che, oltre a trovare l’articolo originale scritto sulla rivista KOS, mi ha fornito preziosi consigli sulle diverse fonti.
Immagini
Copertina: © Andreas Gradin / Fotolia.
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- 1987 c.a [PD] CDC / U.S. National Library of Medicine.
- Mosca 1966, RIA Novosti archive / Valeriy Shustov [CC-BY-SA 3.0] Commons.
- Literaturnaya Gazeta, 30 Ottobre 1985.
- Pravda, 31 Ott. 1986.
- Fort Detrick, 2008 U.S. Army [PD] Commons.
- Berlino 1989, Bundesarchiv / Grimm, Peer [CC-BY-SA 3.0] Commons.
- 2014, [PD] Commons.
Articolo già pubblicato su Medium l’8–6–2016 e riadattato per Laputa per concessione dell’autore.