Addio alle armi

Addio alle armi

€ 9,50€ 7,13
Autore: Ernest Hemingway
Genere: Narrativa storica
Anno di pubblicazione: 1929
ASIN: 8804567104

La storia è ambientata in Italia, nei mesi precedenti la disfatta di Caporetto. Il protagonista, Frederic Henry è un americano che presta servizio come volontario nell'esercito italiano, con il grado di tenente, e guida un reparto di autoambulanze. Conoscerà un'infermiera, scozzese, di nome Catherine Barkley della quale si innamorerà, ricambiato, perdutamente.

Hemingway è un problema. Davvero. Ormai ha lasciato definitivamente la realtà assurgendo a mito vero e proprio e si sa, parlare dei miti è sempre complicato. Si potrebbero incensare, elogiare l’uomo e l’opera, limitando la critica a qualche estemporaneo neo, cadendo così nella trappola che alcuni pseudo-intellettuali (alcuni davvero famosi) sono soliti tendere quando parlano in pubblico «se non ti piace è colpa tua, che non capisci!» finendo per sminuire il lettore medio che magari qualche dubbio l’aveva davvero e non era intenzionato a muovere una critica tout-court.
Non essendo un intellettuale, mi risparmio anche il termine pseudo e da lettore puro e semplice ecco l’analisi di uno dei primi libri che ho avuto il coraggio di leggere del maestro H. Coraggio perché, abituati alla lettura o meno, alcuni testi di solito vengono presentati come difficili, lenti, complessi o semplicemente, noiosi. Così me lo avevano descritto e così rimase per alcuni anni al suo posto nella libreria dei miei. Complice una maggiore consapevolezza di me finito il turbolento periodo che va dalla terza media al primo superiore con un certo disagio afferrai quel libro e comincia a leggere.
La storia è ambientata in Italia, nei mesi precedenti la disfatta di Caporetto. Il protagonista, Frederic Henry è un americano che presta servizio, come volontario nell’esercito italiano, con il grado di tenente, e guida un reparto di autoambulanze. Conoscerà un’infermiera, scozzese, di nome Catherine Barkley della quale si innamorerà, ricambiato, perdutamente.
La vicenda si snoda in tre, potremmo chiamarli atti o scene, principali: il fronte, dove Henry presta servizio, la sua unità e le persone con le quali si confronta e che Hemingway utilizza per dipanare le sue idee sull’argomento, attraverso le voci dei protagonisti che ricalcano le vicende vere di cui lui fu testimone (fu anche lui infermiere volontario nell’esercito italiano) o di cui venne a conoscenza da reduci, suoi amici e conoscenti. Il periodo di convalescenza, dove verrà approfondito il rapporto fra i due giovani innamorati, in una Milano apparentemente poco coinvolta nella tragedia che si consuma a Est. In ultimo il ritorno al fronte, la diserzione a seguito della violenta offensiva Austro-tedesca e la decisione di fuggire con Catherine verso la Svizzera. Si tratta quindi in parte di un opera autobiografica, dove ricordi personali si accavallano a eventi plausibili ma che l’autore non visse in prima persona ai quali viene aggiunta una struggente storia di un amore fatalmente destinato alla rovina, specchio di un’intera società, quella dei giovani reduci, della “generazione perduta” di scrittori e artisti che vissero le inquietudini di un mondo che cambiava, riuniti soprattutto nella Parigi degli anni ’20 dove Hemingway visse con la prima moglie.
La guerra quindi, esecrabile e devastante nel corpo e nell’anima, non trova un contraltare nell’amore come, si intuisce, l’autore-protagonista sembrano voler credere fino all’ultimo. La sconfitta oggettiva, la ritirata e le reazioni assurde del comando italiano, magistralmente descritte con pathos che nulla ha di altezzoso o distante ma con una forma coinvolgente, è solo parte del ben più profondo trauma umano che il protagonista vivrà: la perdita delle illusioni, il vuoto dell’anima.
Un libro struggente, profondo, con una scrittura corposa, piena, a volte difficile da gestire (non mi vergogno di ammettere che sono tornato indietro a rileggere alcuni passaggi) soprattutto nei dialoghi, veloci e realistici. A volte si ha l’impressione di assistere alle discussioni, di essere lì, e questo fatto -pur essendo una delle magie dei libri- può comportare il perdersi qualche battuta, qualche parola, distratti dalla lucidità dei commenti, dalle riflessioni che sono capaci di generare nelle nostre menti. Non sono in grado di esprimere un voto, per Hemingway; solo un consiglio per i lettori: prima o poi affrontate Addio alle armi, non ve ne pentirete.

Giovanni Melappioni

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