(lombardo, aggettivo, XIX secolo) detto di pane raffermo ma non ancora duro, pane di un giorno; per estensione qualunque commestibile non più fresco, vecchio, stantìo. Secondo un regolamento municipale della città di Milano del 1812, si definisce pòsso il pane «quando arriva alle 24 ore dopo la di lui cottura.» (art. 22 dei “Capitoli per i fabbricatori di pane misto” del 26 marzo 1812[1]).
Deriva dal dialetto lombardo occidentale poss (/pɔs/) o pòos,[2] “raffermo”, comune ai dialetti milanese,[3][4] pavese,[5][6] lariano e della Svizzera italofona;[7] a sua volta dal milanese poŝà, “riposato”,[8] o forse dallo spagnolo posado[9] come lascito della dominazione spagnola (1525 — 1700): il pan posado in castigliano è infatti il pane raffermo, «viejo y duro».[10]
Pim pim cavalin
sotto al pee del tavolin
pan poss, pan fresch,
induvini che l’
Pim Pim cavallino
sotto il piede del tavolino
pane pòsso, pane fresco
indovino cos’è questo
Filastrocca milanese.[11]
La locuzione pan poss (o anche pamposs[5][10]) si riferiva in particolare al pan d’un dì, quello «dai Fiorentini chiamato pane di un giorno» (Gambini,[6] 1879), ossia non più fresco ma non ancora secco: se più vecchio era detto invece pan gnücc (pane gnucco), pan dür (pane duro), più anticamente (XV secolo) pan tosto.[12]
Panettòn de Natàl al ven mai pòss;
a mangiàll a San Biàs al benediss la gola e ‘l nas.
mangiarlo a San Biagio benedice la gola e il naso[13]
Proverbio comasco.
Per estensione l’aggettivo poss passò ad indicare cibo vecchio in genere, anche diverso dal pane, che ha perso la sua freschezza pur essendo ancora commestibile come il panettone, o l’uovo (eouv pòss, un uovo vecchio, stantìo[14]); ma anche l’acqua “vecchia”[4] (acqua pòssa), che è rimasta troppo a lungo in un recipiente assumendo un sapore sgradevole; fino ad una persona attempata[4] o metaforicamente dal carattere “molle”, come il pane che ha perso la sua croccantezza: pan poss o pamposs è detto anche di una persona senza energia.[7]
- [1]Riportato in Gride, regolamenti, tasse e tariffe diverse […] della regia città di Milano. Milano, 1850. Pag. 45 ↩
- [2]“raffermo” in Dizionaro dei dialetti. Web.↩
- [3]Cherubini, 1841 (op. cit.)↩
- [4]Banfi, 1857 (op. cit.)↩
- [5]Manfredi, 1874 (op. cit.)↩
- [6]Gambini, 1879 (op. cit.)↩
- [7]Caccia, Franca “Parole ed espressioni dialettali del Basso Mendrisiotto” in lessico.ch. Web.↩
- [10]Luigi Pavia, 1928 (op. cit.) Luigi Pavia, 1928 (op. cit.)↩
- [9]“Il milanese crogiuolo di tanti idiomi” in La Gobba. Web.↩
- [10]Jubete, Fernando Franco “Los orígenes culinarios de Castilla y León: La cocina del pan posado” in PITTM, 84, Palencia, 2013, pp. 409-430, ISSN 0210-7317 (PDF)↩
- [11]Da Abitare, 1965 Si cantava ai bambini tenendo i pugni chiusi: in uno c’era una caramella, nell’altro niente. Al termine della filastrocca il bambino doveva indovinare quale pugno conteneva la caramella.↩
- [12]Fanfani e Fornari, “Vocabolarietto Milanese — Fiorentino” in Il Borghini giornale di filologia e di lettere italiane, Anno I. Firenze, 1874. Pag. 314.↩
- [13]Tradizione lombarda è di mangiare a San Biagio, il 3 febbraio, il panettone avanzato dalle festività natalizie. La festa di San Biagio è tradizionalmente associata alla benedizione della gola e del naso.↩
- [14]Banfi, 1857 (op. cit.) pag. 499.↩
- Vocabolario milanese–italiano di Francesco Cherubini, 1841. Vol.3 Pag. 246.
- Vocabolario milanese-italiano ad uso della gioventù di Giuseppe Banfi, 1857. Pag. 568.
- Manfredi, Rodolfo Dizionario pavese-italiano: coll’aggiunta delle frasi più comuni. Pavia: successori Bizzoni, 1874. Pagg. 177, 191.
- Gambini, Carlo Vocabolario pavese-italiano con una serie di vocaboli italiani-pavesi che molto tra loro diversificano. Pavia: successori Bizzoni, 1879. Pag. 155.
- Pavia, Luigi Sulla parlata milanese e suoi connessi (1a ed. 1928). Lampi di Stampa, 2001. Pag. 219. ISBN 978-8848801188
Immagine in alto: il “forno delle Grucce” a Milano viene assaltato dalla folla il giorno di S. Martino del 1628, nel corso di una sommosso scatenata dal rincaro del pane. È una scena del romanzo I Promessi Sposi, illustrata da Francesco Gonin per l’edizione del 1840 stampata dalla tipografia milanese Guglielmini e Radaelli.