(s.m.) confusione, baraonda, insieme disomogeneo di elementi, guazzabuglio. Il termine deriva presumibilmente da Amba Aradam, altopiano montuoso dell’Etiopia dove si svolse, nel 1936, una cruenta battaglia (battaglia dell’Endertà) nella quale gli italiani sconfissero l’esercito abissino durante la guerra di Etiopia (1935 — 1936). L’esito della guerra fu l’annessione dell’Etiopia all’Impero coloniale italiano e la creazione dell’Africa Orientale Italiana. L’uso odierno del termine non è tanto legato al fatto storico, quanto ad un «effetto sonoro particolarmente efficace» (Castoldi — Salvi, op. cit.), scherzoso e vagamente esotico, che richiama alla mente rumorosi mercati orientali
«Si, soprattutto adesso che abbiamo messo su tutto quell’ambaradan di Corso Vittorio» (da Ballacchino, Rocco Trama imperfetta. Torino, piazza Carlo Alberto, 2003).
Talvolta scritto anche ambaradam:
«La polizia entrò nella fungaia con tutto un ambaradam di cercamorti» (da Lugli, Massimo L’istinto del lupo – La legge di lupo solitario, 2010)
- Castoldi, Massimo e Ugo Salvi Parole per ricordare — Dizionario della memoria collettiva. Bologna: Zanichelli, 2003. Pag. 11. ISBN 88–08–08878–2
- Mennella, Antonio I nomi comuni derivati dai nomi propri, Torino: Ed. Vitalità, 2016. Pag. 4. ISBN 978-8877118462.
Foto: Mercato a Marrakech (Dezalb/Pixabay).