sequenza di lettere che negli annunci pubblicati sui giornali viene inserita all’inizio del testo con il semplice scopo di guadagnare le prime posizioni nell’ordinamento alfabetico, dove è più probabile che l’inserzione venga notata. Le lettere sono in genere intercalate da punti, somigliando così ad un acronimo:
«A.A.A. A chiunque in un’ora concediamo prestiti» (La Stampa, 3 set. 1983).
Nasce agli inizi del novecento dall’usanza dei giornali italiani di ordinare gli annunci personali alfabeticamente anziché in base all’ordine cronologico di arrivo in redazione, come avveniva invece nella maggior parte dei paesi europei. Già nel 1955 il Dizionario Enciclopedico Italiano di Treccani cita la tripla “A”, ma l’usanza risale almeno a poco dopo la fine della prima guerra mondiale (1918) quando, scrive M. Jacqmain (op. cit.), ad una singola A iniziale «vennero ad aggiungersi le AA, poi le AAA, e via di seguito…» in una corsa ai primi posti nella rubrica degli annunci. Le “A” erano tariffate come parole intere, per cui l’acquisto di un numero maggiore delle stesse era un investimento economico sulla visibilità della propria inserzione. Un principio non così diverso dall’acquisto delle keywords sui motori di ricerca ai tempi di internet: la tripla “A” può essere considerata come antesignana delle moderne tecniche SEM (search engine marketing). Con la proliferazione delle “A”, che divennero anche alcune decine costringendo alcuni editori a limitarne il numero, l’espediente perse ben presto di efficacia perché praticamente tutti gli annunci iniziavano con tale sequenza. Ciò provocò «la trovata delle B (BB, BBB, …) e quella delle Z (ZZ, ZZZ, …)» (M. Jacqmain) con le quali gli inserzionisti speravano di spiazzare i concorrenti con una soluzione in controtendenza, ovvero raggiungere il fondo della rubrica degli annunci anziché i primi posti: l’importante era non perdersi nel mezzo. L’usanza di inserire la tripla (o multipla) “A” all’inizio di un annuncio personale, tuttavia, era talmente radicata che finì per prescindere dalla reale utilità pratica (annullata proprio dalla diffusione) e, forse, anche dal fatto che l’inserzionista ne conoscesse o meno la funzione. Il falso acronimo, accompagnato in genere dalle parole cercasi, vendesi affittasi o simili, diventò così un “meme” che nell’immaginario collettivo richiamava immediatamente all’idea di “annuncio personale”: basti ricordare il titolo del film A.A.A. Ragazza affittasi per fare un bambino, adattamento in italiano di The Baby Maker di James Bridges (USA, 1970).
“A.A.A. Cercasi”, tipico incipit dell’annuncio personale, è anche il titolo di un brano di Carmen Consoli contenuto nell’album Per niente stanca (2010).
- Cortelazzo, Manlio e Ugo Cardinale Dizionario di parole nuove 1964 – 1984. Torino: Loescher Editore, 1986. Pag.1
- Jacqmain, Monique Il linguaggio della pubblicità uno studio sulle inserzioni nella stampa italiana
. Firenze: Sansoni, 1973. P. 92
- Cirinei, A. e A. Monaci. Fare Marketing con gli annunci: risorse e strumenti… Milano: Hoepli, 2013. P. 13.