
Il cielo di Marte ripreso dal rover “Opportunity” il 26 agosto del 2005 (NASA/JPL/Cornell/Texas A&M – Commons)
Una piccola notizia sul sito della NASA[1] apparsa qualche giorno fa, mi spinge a condividere alcune riflessioni sul futuro dell’esplorazione degli oggetti prossimi al nostro pianeta. L’articolo parla di alcune fotografie scattate dalla camera dell’albero di Curiosity, il rover attualmente impegnato in molteplici esperimenti sulla superficie di Marte. Le immagini riprendono il cielo della notte marziana e sono parte di una serie di osservazioni atte a stabilire l’opacità stagionale dell’atmosfera del pianeta rosso. L’idea è quella di vedere come muta nel tempo la dispersione della luce proveniente da oggetti brillanti come Phobos e Deimos, le sue lune. Nel caso in oggetto[1]gli astronomi del Jet Propulsion Laboratory hanno approfittato di una fortunata coincidenza, riuscendo a includere nella stessa inquadratura anche Ceres e Vesta, rispettivamente il primo e il terzo più grande asteroide finora scoperti e posizionati nella fascia di asteroidi in orbita attorno al sole esternamente a Marte.
immagine del cielo di Marte ripresa dal rover “Curiosity” il 20 aprile 2014 (NASA/JPL-Caltech/MSSS/Texas A&M)
Curiosity però ha un albero portastrumenti e può osservare l’ambiente che lo circonda quasi a 360°. In effetti la cosa lo ha reso un po’ vanitoso, vista la quantità di autoritratti. Il cielo di Marte, ci può dare molte informazioni sui piccoli oggetti che orbitano con noi intorno al Sole e in particolare può aiutarci ad avere immagini ravvicinate: se fossi un astronomo, spingerei per avere presto un buon telescopio ottico in orbita attorno al pianeta rosso.
Autoscatto del rover Curiosity, realizzato unendo 55 immagini scattate con il Mars Hand Lens Imager (NASA/JPL-Caltech)
Del resto l’interesse della comunità scientifica e in particolar modo della NASA per i corpi rocciosi è aumentato molto nel corso dell’ultimo decennio. La sonda DAWN ha visitato e orbitato attorno a Vesta nel 2011 e alla fine di quest’anno raggiungerà Ceres. Si tratta del preludio di un immenso programma, volto allo studio di oggetti sfuggenti, ricchi di informazioni sull’origine del nostro sistema solare. Il culmine di questo programma è la serie di missioni chiamate ARM (Asteroid Redirect Mission). Si tratta di raggiungere un piccolo asteroide tramite una sonda robotica in grado di “catturarlo” e riposizionarlo in una comoda orbita lunare. Successive missioni a bordo della nuova capsula Orion, capace di ospitare quattro astronauti, permetterebbero lo studio ravvicinato e la raccolta di campioni del corpo roccioso. Non si pensi ad un futuro troppo lontano. Il primo lancio sperimentale di Orion, compreso di orbita e rientro, è previsto per il mese di dicembre di quest’anno.
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- [1]“Space Images: First Asteroid Image from the Surface of Mars.” NASA Jet Propulsion Laboratory. California Institute of Technology, 24 Apr. 2014. Web. 15-5-2014.↩